Smart Working e Residenza Fiscale

 

Una persona fisica è considerata residente in Italia quando, per la maggior parte del periodo d’imposta e quindi per più di 183 giorni in un anno (o 184 giorni in caso di anno bisestile), soddisfa almeno uno dei seguenti requisiti:

 è iscritto all’Anagrafe della popolazione residente (quindi non è iscritto all’AIRE: anagrafe italiana residenti all’estero);

  • ha fissato in Italia il proprio domicilio (il centro dei propri interessi e affari, dei rapporti personali ed affettivi);
  • ha stabilito in Italia la propria residenza (la dimora abituale).

I requisiti sono tra loro alternativi, pertanto è sufficiente soddisfarne  uno solo di essi per essere considerato fiscalmente residente in Italia per l’intero periodo d’imposta.

  E’ da sottolineare che, ai sensi del comma 2 bis dell’art.2 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), vi è una presunzione di residenza fiscale in Italia, salvo prova contraria, per coloro che provvedono a cancellarsi dall’Anagrafe della popolazione residente e a trasferire la residenza in uno degli Stati con regime fiscale privilegiato elencati nel Decreto del Ministero delle Finanze del 4 maggio 1999. Lo scopo di tale norma è quella di contrastare il fenomeno dei trasferimenti fittizi della residenza verso Paesi considerati “paradisi fiscali”. Ultimamente l’elenco dei Paesi considerati a fiscalità privilegiata ha subito un modifica, infatti, a decorrere dal 1° gennaio 2024, a seguito di evoluzione del contesto internazionale, la Svizzera non farà più parte dell’elenco degli Stati con un regime fiscale privilegiato e quindi in caso di trasferimento in tale Paese non sarà più applicata la presunzione di cui sopra.

 

Requisiti che determinano la residenza fiscale

 I requisiti che determinano la residenza fiscale delle persone fisiche, nel nostro Paese, rimangono invariati anche nel caso di lavoro dipendente eseguito in smart working. Su quest’ultimo tema l’Agenzia delle Entrate ha recentemente pubblicato la Circolare n. 25/2023 in cui ha illustrato i profili fiscali del lavoro da remoto visto l’aumento di tale modalità di prestazione lavorativa.

 Pertanto, come esemplificato nella Circolare, se un cittadino straniero lavora in smart working in Italia per un datore di lavoro estero e non è iscritto alle Anagrafe della popolazione residente tuttavia permane in Italia per la maggior parte del periodo d’imposta insieme alla propria famiglia soddisfa il requisito del domicilio in quanto ha fissato nel nostro Paese il centro dei propri rapporti personali ed affettivi e la sua dimora abituale, quindi risulterà fiscalmente residente in Italia e dovrà dichiarare, nel nostro Paese, il reddito estero.

 Nello stesso tempo un cittadino italiano che si è trasferito all’estero, ove lavora in smart working, senza aver eseguito la cancellazione dall’Anagrafe della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta (quindi non iscritto all’AIRE) anche se ha trasferito all’estero la propria famiglia e gli affetti sarà considerato fiscalmente residente nel nostro Paese, salvo quanto disposto dalla Convenzione contro le doppie imposizioni eventualmente esistente tra l’Italia e il Paese di trasferimento.

 

L’impatto della modalità di lavoro da remoto nei regimi agevolativi

 La modalità di lavoro in remoto può aver un impatto anche nell'applicazione dei regimi agevolativi volti ad attrarre in Italia la residenza fiscale delle persone fisiche. I regimi agevolativi in questione sono il regime speciale per i lavoratori impatriati e il regime speciale per docenti e ricercatori. Per quanto riguarda il primo regime, nel rispetto di tutti gli altri requisiti richiesti dalla normativa, qualora un persona fisica trasferisce la residenza fiscale in Italia potrà godere dei vantaggi fiscali, anche se lavora in smart working, per un datore di lavoro estero a partire dall’anno in cui ha acquisito in Italia la residenza fiscale. Al contrario non è possibile godere dei vantaggi del regime speciale per docenti e ricercatori qualora quest’ultimi, pur trasferendo la residenza fiscale in Italia, svolgano in smart working la propria attività di ricerca o docenze per un Ente o un Università estera in quanto, in quest’ultimo caso, la normativa agevolativa richiede un collegamento tra il trasferimento della residenza fiscale in Italia e l’esecuzione dell’attività di docenza o ricerca nel territorio del nostro Paese.

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